10 Ott, 2023
Proteggere i figli online: 5 ragioni per cui il parental control non è la soluzione.

Ho partecipato, di recente, a una riunione organizzata dalla scuola media che frequenta mio figlio, sull’uso degli smartphone a scuola. L’obiettivo, lodevole, dell’iniziativa, era promuovere un uso consapevole delle tecnologie e limitare l’utilizzo dei telefoni all’interno del contesto scolastico. 

Da mamma partecipare a queste riunioni è per me abbastanza frustrante ma da coach ed in qualità di ex insegnante di tecnologia, è quasi surreale. 

Purtroppo mi rendo conto che la maggior parte dei genitori che frequento non si rende realmente conto della portata del problema. L’idea di fondo, ascoltando i pareri, è che per proteggere i figli online sia sufficiente proteggerli dalla visione di immagini estreme, di tipo violento, pornografico o legate all’utilizzo di sostanze di vario tipo. 

Purtroppo, sebbene io sia assolutamente d’accordo sull’importanza di proteggere i figli online da questo tipo di immagini, è altrettanto vero che il pericolo non è (solo) li, non è in quei contenuti che il parental control è in grado di bloccare. 

Il problema, infatti, è altrove, e in questo articolo ti spiegherò perché, affrontando i 5 macro temi fondamentali legati all’uso delle tecnologie: i social, i gruppi privati, le email, i giochi online, la FOMO.  

Una premessa è doverosa. Noi adulti conosciamo i social meno dei nostri figli (nella maggior parte dei casi). Li usiamo principalmente come fruitori, ne subiamo il fascino ma non ne conosciamo le regole e se non siamo più che attenti, ci lasciamo irretire dai meccanismi. 

Conoscere i meccanismi dei luoghi che i nostri figli frequentano è però fondamentale proprio per riuscire a proteggere i figli online. 

Nei social a decidere tutto è l’algoritmo, cioè quell’insieme di regole logiche che determinano quali contenuti mostrare in quale momento. 

L’algoritmo, che è diverso per ogni social, predilige due cose: i contenuti che funzionano meglio uniti al tipo di contenuti che all’utente piacciono di più. Se a me piacciono i video di torte l’algoritmo lo capisce e mi mostrerà più video di torte, con lo scopo di tenermi più a lungo sulla piattaforma. 

E qui viene il primo punto: lo scopo dell’algoritmo, mantenere le persone attive all’interno del social, non collima con i miei desideri di genitore, cioè far si che i miei figli mettano il più possibile il naso fuori di casa giocando con i loro consimili. 

Ma c’è di più. Non dobbiamo dimenticare che i social sono solo uno strumento e, in quanto tali, possono essere utilizzati bene o male. La domanda da porsi allora è: per cosa li utilizzano i nostri figli?

E qui viene il secondo punto e una considerazione di genere. Nei giovani l’utilizzo dei social innesca una competizione. Ma le ricerche hanno dimostrato che c’è una grande differenza nell’uso che i giovani maschi e le giovani femmine fanno dei social. Tra i giovani maschi la competizione si svolge attraverso il gioco, dunque utilizzano le piattaforme per guardare video legati ai giochi o per giocare. Ma per le giovani donne la competizione è legata al corpo, all’aspetto fisico, al piacere agli altri, e quindi utilizzano i social per paragonarsi alle altre.

Nel lungo periodo il meccanismo è deleterio per tutti: per le ragazze perché porta a immedesimarsi in modelli ancora più irraggiungibili, per i maschi perché conduce a una competizione che non ha una fine. In entrambi i casi il rischio di sviluppare insicurezza e senso di inadeguatezza è concreto e reale e non va assolutamente sottovalutato.   

Whatsapp: dire tutto quello che si vuole senza il timore di essere scoperti

La questione è diversa, e ancora più subdola, nel caso delle piattaforme di messaggistica istantanea, come whatsapp. Le usiamo tutti e per questo ci sembrano un po’ invadenti ma tutto sommato innocue. Ed è proprio questo che dovrebbe farci scattare un campanello d’allarme. 

Nel caso di whatsapp non c’è parental control che tenga. All’interno dei gruppi privati, come nelle sette, possono succedere cose terribili, come questa. Il problema è che i gruppi sono privati, e questo significa che i ragazzi possono far circolare qualsiasi genere di materiale senza che i genitori se ne accorgano. 

L’ulteriore problema poi è che non ci sono filtri. Whatsapp non è un luogo pubblico e questo significa che molti si sentono autorizzati a dire cose che dal vivo mai direbbero. E, ad aggravare la situazione, c’è l’impossibilità di scegliere, almeno a monte, di ricevere determinati messaggi. 

Sei in un gruppo? Quello che viene postato lo ricevi anche tu, a prescindere che a te piaccia oppure no. Certo, un contatto molesto si può bloccare. Ma se i nostri figli non sono abituati a definire i propri confini, come ho raccontato in questo video, e in questo, difficilmente bloccheranno qualcuno. Sarà più facile che subiscano abusi di vario tipo, senza nemmeno rendersene conto. 

Siamo connessi. Ma quand’è che possiamo non esserlo? Proteggere i figli online dal burn out

E qui arriviamo al terzo aspetto. L’immediatezza della comunicazione, in tutte le sue forme, porta noi e i nostri figli ad abbassare la guardia, in pratica ad essere reattivi. 

In questo percorso racconto il motivo per cui dobbiamo insegnare ai nostri figli a essere proattivi, e a non sentirsi perennemente in dovere di rispondere a qualsiasi sollecitazione esterna. Dare uno smartphone in mano ai nostri figli, in ultima analisi, li porta a essere perennemente connessi, li porta a pensare che si debba sempre rispondere. 

Ricevi una mail alle dieci di sera? Hanno pubblicato un nuovo video alle 07 del mattino? Nel gruppo ci sono venti nuovi messaggi? Il bombardamento mediatico è difficile da gestire per noi, figuriamoci per i nostri figli. 

La scuola che non finisce mai.

In questo quadro si inseriscono gli strumenti che, dal 2020 in poi, sono stati utilizzati dalle scuole per “ridurre” le distanze. 

I compiti sul registro elettronico, le email e l’utilizzo di classroom sono ormai la quotidianità in ogni classe, perché “è importante insegnare ai ragazzi ad usare la tecnologia”. 

Il punto è che la tecnologia deve essere sempre usata con consapevolezza e con questo intendo avendo chiari i riscontri di un determinato comportamento. 

Io parto da un presupposto fondamentale. I grandi Ceo delle big tech, coloro che la tecnologia la creano, non mettono smartphone e tablet nelle mani dei loro figli. Perché? Perché secondo me hanno capito due cose: 

  • la prima, che puoi imparare a utilizzare la tecnologia solo dopo aver appreso i fondamenti della comunicazione, quelli tra persone, “offline”. 
  • E, la seconda, che per utilizzare bene la tecnologia devi saperla gestire davvero. Ma con questo non intendo che devi sapere gestire l’uso del software, ma devi saper gestire le conseguenze di quest’uso. Cioè devi usarla a tuo favore, evitando di diventarne tu soggetto passivo. 

E’ chiaro che, nella fretta, le scuole hanno trascurato di formare davvero gli insegnanti. Hanno consegnato loro le tecnologie, ma non li hanno edotti sull’uso corretto. E questo sta portando ad una scuola che assomiglia sempre di più al lavoro di un libero professionista: compiti aggiunti a tutte le ore, scadenze che non sono allineate all’orario scolastico e fiumi di email fanno si che la scuola sembri non avere mai fine, nemmeno durante l’estate.

Giocare online o acquistare online? Come insegnano ai nostri figli la scarsità

C’è un altro ambito in cui i nostri figli vivono la percezione dell’infinito: i giochi online. Dai più diffusi ai meno noti, anche i giochi si sono evoluti nel tempo diventando spazi condivisi da costruire, che non hanno confini e dove uno degli aspetti fondamentali è poter personalizzare i propri avatar con gadget di tutti i tipi. 

Nei giochi di oggi si gioca potenzialmente per sempre. Ma, per riuscirci, è necessario investire: conquistare strumenti con molta fatica o, per accelerare il processo, comprarli direttamente nello shop online. 

Come nel caso dei social, anche qui lo scopo della piattaforma è mantenere i nostri figli più a lungo possibile attivi. Il gioco è gratuito e il vero guadagno è negli accessori, più ne hai più sei forte, più vinci. Il sistema è fatto e creato per alimentare una sensazione di scarsità: cioè l’idea che se ti manca una certa cosa “sei indietro”, vali meno degli altri. 

E’ un meccanismo subdolo che è collegato alla FOMO, cioè la paura di perdersi qualcosa: non puoi perderti l’uscita della nuova release, non puoi perderti l’evento, non puoi non avere una certa skin, non puoi non esserci su un certo social, ecc. 

Tutti questi sono meccanismi che accentuano l’insicurezza dei nostri figli, e lo fanno giorno dopo, in modo martellante, come la goccia che scava la pietra. 

Ma, alla luce di tutto ciò, ti chiedo: davvero sei ancora sicuro/a che il parental control può proteggere i tuoi figli online?

Parliamone nei commenti. 

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